Per un calciatore indossare la maglia numero 10 è sinonimo di grande responsabilità per l’aura di misticismo e sacralità che ruota intorno a questo numero. Uno dei primi ad indossarla fu “O Rei” Pelé e da allora chiunque abbia avuto l’onore di ereditarla ha cercato di incarnare a pieno il giocatore-fantasista capace di risolvere le partite con il proprio genio e la propria imprevedibilità. Nel panorama calcistico calabrese un grande numero 10 è stato Ettore Fieramosca che, oltre ad aver onorato e rispettato la propria maglia, ha dato tanto al calcio non solo a livello agonistico ma soprattutto a livello umano.
Quando nel 1968 i televisori degli italiani trasmettevano il trionfo degli azzurri agli Europei, Fieramosca osservava i successi di Rivera e compagni innamorandosi del calcio. Da adolescente il suo unico obiettivo fu quello di risollevare la squadra del suo paese, Laureana, partendo dalla Terza Categoria: “All’epoca avevo solo 15 anni, però ero già parecchio bravo e molte squadre mi temevano. Per questo motivo hanno fatto ricorso e per poter giocare ho dovuto attendere il compimento dei 16 anni. Quell’anno, poi, abbiamo vinto il campionato approdando in Promozione e ci siamo rimasti per diversi anni.”
Se oggi è raro trovare dei calciatori-bandiera non si può dire lo stesso per Fieramosca che è stato un simbolo per quella squadra. Il suo grande attaccamento e la sua profonda lealtà lo hanno portato a rifiutare offerte importanti arrivate da squadre come Cosenza, Torino, Chieti, Banco di Roma, Casale Monferrato e Sorrento: “Per scelta personale ho sempre giocato a Laureana, nonostante avessi ricevuto l’interesse di molte squadre. A 17 anni ero stato acquistato dal Cosenza, ma ho rifiutato perché ero molto legato a quell’ambiente e la squadra per me era come una famiglia. Avevo promesso ai miei amici che non me ne sarei andato e non l’ho mai fatto.”
Nonostante la giovane età, Fieramosca militò nella Rappresentativa della Calabria e a diciannove anni fu il protagonista di una splendida vittoria arrivata in una finale giocata ad Ischia. Le sue abilità e doti tecniche facevano preoccupare e non poco gli avversari, al punto che in campo risuonava un unico comando: “Attenti al 10!”. Proprio quel numero di maglia ha rappresentato perfettamente il calciatore che è stato, l’anima di tutta la squadra con una forte visione di gioco e un tempo di lettura fenomenale: “Io giocavo da regista e senza una mia buona prestazione la squadra non girava. Ricordo una partita a Nicastro in cui non riuscivo ad azzeccare un tiro o un passaggio. All’epoca l’allenatore era Mister Varrà e poco prima della fine del primo tempo mi disse che mi avrebbe sostituito. A quel punto, a 4 minuti dal termine, sono riuscito a fare due goal in quel poco tempo a disposizione. Uno l’ho fatto di testa, mentre per l’altro ho spedito la palla proprio all’incrocio dei pali. Fu una partita fantastica.”
Oltre ad incarnare perfettamente le qualità del numero 10 Fieramosca ha svolto, egregiamente, il suo ruolo da capitano a Laureana per molti anni. Un aspetto importante per chi veste la fascia al braccio è quello di possedere ottime doti umane e comunicative. Il rispetto per gli avversari e per i propri calciatori è stato sicuramente un tratto distintivo che gli è valso la stima da parte di molti che, anche a distanza di anni, decantano la sua correttezza e sportività: “Un capitano deve mediare i rapporti tra società, spogliatoio e direttore sportivo. Deve dimostrare la sua bravura in campo ed essere sempre disponibile per i propri calciatori, per motivarli al punto giusto. Ho sempre portato rispetto ai miei rivali e agli arbitri sia dentro che fuori dal campo. Anche in terreni difficili dove la rivalità era tanta, come nel caso dei «derby» contro la Deliese, io non ho mai avuto alcun problema. Sono ancora molto amico con tutti loro”.
Fieramosca ha lasciato il calcio dilettantistico a 42 anni, ma da allora non ha mai abbandonato il campo. Oggi, oltre a ricoprire alcune cariche dirigenziali, prosegue la sua avventura con il pallone tra i piedi con la Nuova Folgore Rossoverde nel torneo amatori. Proprio a Polistena, nel 2016 ha potuto festeggiare i 40 anni di carriera nel calcio con una targa speciale che premia, oltre che il calciatore, la persona che Fieramosca è, soprattutto al di fuori dal rettangolo di gioco: “Mi sono sempre divertito a giocare a calcio, è uno sport che mi ha permesso di conoscere molta gente. È stato un cammino lungo e i sacrifici sono stati molti ma l’ho sempre fatto con grande amore e passione. A Polistena i miei compagni di squadra sono soprattutto miei amici, mi piace passare delle giornate di puro e autentico calcio con loro. Il mio amore più grande è proprio questo sport che mi riempie la vita.”
Attualmente Fieramosca ricopre il ruolo di capitano della Nazionale di calcio dell’AIDA, un’associazione che ha l’obiettivo di promuovere campagne di sensibilizzazione a favore di tutte le persone diversamente abili: “Ci riuniamo spesso per giocare partite di beneficienza e in questi eventi ho avuto l’occasione di giocare con grandi campioni come Beccalossi, Bianchi e Riccardo Ferri. È emozionante perché in questi eventi si tocca con mano chi soffre e capisci che anche le piccole cose vanno apprezzate. Cercare di vincere per loro è bellissimo e io lo faccio molto volentieri.”
Infine, Ettore Fieramosca lancia un messaggio a tutti i ragazzi con la speranza che anche i giovani di oggi possano vivere e assaporare momenti emozionanti al pari dei suoi: “L’importante è iniziare a giocare perché si ama il calcio e perché ci si diverte a correre in campo. Il successo non è qualcosa di programmato e se si gioca con passione il percorso sportivo di ognuno sarà bello in ogni caso.”