Martedì 10 aprile 2018, dopo la scomparsa avvenuta nel 2011 di Renato Gandolfi, ci ha salutato per sempre il secondo e ultimo superstite del Grande Torino… Sauro Tomà. Nato nello spezzino, il 4 dicembre 1925, difensore, seppur capace di ricoprire, se necessario, il ruolo di mediano, venne ingaggiato dal Torino nell’estate del 1947, su espressa volontà del presidente del sodalizio piemontese Ferruccio Novo, e con i granata vi rimase quattro stagioni collezionando settantasette presenze e conquistando due Scudetti.
Il pomeriggio del 4 maggio 1949 quando l’aereo sul quale viaggiava il Grande Torino, di ritorno da un’amichevole disputata in Portogallo contro il Benfica organizzata per l’addio al calcio di Ferreira, si schiantò sulla collinetta di Superga che sovrasta il capoluogo piemontese, cancellando per sempre una delle squadre più forti di tutti i tempi, Tomà si salvò sol perché, infortunatosi a un ginocchio, non poté prender parte alla trasferta dei granata in terra lusitana.
Due anni dopo l’immane tragedia, che lo segnerà per sempre, si trasferì al Brescia e poi al Bari appendendo le scarpe al chiodo nel 1955, non ancora trentenne, a causa dei perduranti problemi fisici, dopodiché fece ritorno a Torino. Abitava nei pressi del mitico stadio Filadelfia, la Fossa dei Leoni, e da quel tragico lunedì 4 maggio 1949 si è da sempre prodigato ricordando coloro che lui chiamava “i miei fratelli”. Scrisse, inoltre, due libri il più famoso dei quali “Me Grand Turin: storia della squadra di calcio più forte del mondo” è l’unico racconto autobiografico del Grande Torino… il cui undici dell’ungherese Ernest Erbstein sceso in campo a Lisbona, per quella che sarebbe stata l’ultima sfida, recitava… Bacigalupo, Ballarin, Martelli, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola.