
La nazionale di calcio inglese sorta nel 1863 è (assieme a quella scozzese con la quale ci giocò amichevolmente il 30 novembre 1872, partita conclusasi a reti bianche) la più antica al mondo. Nonostante la sua storia affondi le radici in un passato così lontano (escludendo la più antica competizione calcistica riservata alle nazionali, il Torneo Interbritannico riservato alle sole nazionali del Regno Unito giocatosi dal 1884 al 1994 che le ha arriso 54 volte), l’albo d’oro di coloro che hanno dato il là al football (furono gli inglesi a codificarne le prime regole) è circoscritto al solo mondiale del 1966 giocato in patria che l’Inghilterra fece suo battendo in finale la Germania Ovest con lo zampino del famoso gol fantasma di Hurst (secondo il guardalinee azero Tofik Bachramov, che in guerra aveva combattuto i tedeschi con l’Armata Rossa, il pallone, dopo aver incocciato la traversa, superò la fatidica linea bianca) che, dopo il 2-2 col quale si erano chiusi i tempi regolamentari, scosse l’equilibrio poi definitivamente spezzato al minuto 120 dalla rete del definitivo 4-2 siglata ancora da Hurst (autentico eroe di quella serata londinese visto che furono tre le reti segnate dall’attaccante del West Ham ai teutonici). Successo che (in attesa della finale del campionato europeo del 2024 con la Spagna) ne fa l’unica nazionale europea a essersi aggiudicata un mondiale ma mai l’europeo. Andataci vicinissima nella precedente edizione giocata in casa che premiò (dopo i calci di rigore) l’Italia, per l’Inghilterra (anzi per “i leoni d’Inghilterra”) potrebbe essere giunto il tempo di vincere quel titolo europeo che le consentirebbe di rispolverare quella sala dei trofei chiusa ormai da troppo tempo ridando lustro a una nazionale di primissimo piano che deve ritornare a ruggire.