Per la sua carica emotiva e passionale, lo sport ha bisogno di una narrazione efficace che sia in grado di coinvolgere le persone e, all’occorrenza, di far rievocare quelle esperienze che racchiudono frammenti di emozioni, ricordi e sogni. Più di 50 anni fa, quando ancora le testate giornalistiche locali erano di nicchia, il polistenese Vincenzo La Gamba si è fatto strada in questo settore unendo la sua vena poetica ad un grande fiuto per la notizia. Per la prima volta dalla parte dell’intervistato, La Gamba ha parlato del suo vissuto tra l’amore per il calcio e la scrittura che lo hanno portato a realizzare articoli per la Gazzetta del Sud, in Italia, e per il Progresso Italo-Americano e per America Oggi, negli Stati Uniti.
La sua storia nel campo giornalistico inizia a 10 anni quando frequenta la quinta elementare presso l’Orfanotrofio Maschile S. Giuseppe, sezione staccata dalla Direzione Centrale di Via Trieste. L’istituzione di un giornalino di classe permette a La Gamba di realizzare un articolo sulla produzione della carta, non sapendo ancora che quello sarebbe stato il primo di tanti altri. Negli anni Sessanta frequenta l’istituto per geometri insieme a Gigi Multari e all’ex attaccante del Polistena Armando Aquilano: “All’epoca non sapevamo quale sarebbe stato il nostro futuro. Ci siamo ritrovati ad un percorso non segnato. Anche se le cose sono poi cambiate, è stato un bel periodo d’oro per noi giovani che avevamo dei sogni.”
Nel 1966, subito dopo essersi diplomato, La Gamba continua a coltivare quel dono per la scrittura iniziando una corrispondenza per la Gazzetta del Sud. Ai suoi esordi, alterna articoli di cronaca e politica locale ad articoli sportivi e proprio l’amore per il calcio lo spingerà a proseguire verso questa strada. L’esaltante narrazione delle gesta dei campioni che hanno fatto la storia sportiva della cittadina pianigiana contribuì ad avvicinare un’intera comunità che si sentiva sempre più partecipe di quegli straordinari eventi. Uno dei principali fautori di quella solida realtà calcistica fu l’Avvocato Domenico Russo che La Gamba menziona con particolare merito perché fece approdare a Polistena grandi giocatori del territorio reggino.
In quegli anni, l’appoggio della stampa era estremamente essenziale e per questo motivo Vincenzo La Gamba ebbe modo di instaurare un ottimo rapporto con lo spogliatoio, la dirigenza polistenese e gli allenatori come Elvio Guida, che tra tutti fu quello più attento al mondo giornalistico. Dal momento che le uniche due testate che si occupavano di sport erano La Gazzetta del Sud e La Tribuna del Mezzogiorno, La Gamba si contese le notizie con il collega Umberto Distilo, giornalista del quotidiano rivale. Nonostante ciò, quel clima di generale entusiasmo faceva passare in secondo piano qualsiasi forma di competizione tra colleghi: “Io e Umberto eravamo molto amici, tanto che gli articoli domenicali post match li scrivevamo a casa mia. Io chiamavo la Gazzetta del Sud, mentre lui la Tribuna del Mezzogiorno. Il caso volle che ritrovassi Mantineo, che fu il Direttore della Tribuna, in America nella stessa veste dirigenziale per il Progresso Italo-Americano.”
Nel 1969, la vita di La Gamba subisce una svolta radicale: per lui è l’inizio del sogno americano. L’idea iniziale era quella di studiare la lingua inglese e rientrare successivamente in Italia, ma da fiero sostenitore della meritocrazia l’America diventa il luogo ideale per raggiungere l’American Dream. Da cinquantatré anni vive a Belle Harbor, cittadina balneare nel Queens (uno dei cinque distretti di New York) insieme alla sua famiglia: la moglie Isabella con cui è sposato da cinquanta anni, i figli Joe e Maria Itria e i due nipotini Giorgio e Lorenzo con la stessa passione per il calcio. La Gamba inizia dunque la sua carriera professionale come analista dei costi presso compagnie edili e affianca a questa attività quella di reporter per il quotidiano Il Progresso Italo-Americano.
Se in quegli anni il calcio era visto principalmente come “lo sport degli emigrati”, le cose cambiarono nel 1994 quando la Fifa scelse di assegnare l’organizzazione del Mondiale agli Stati Uniti, permettendo così di allargare la conoscenza di questo sport a tutto il continente americano. Ai suoi esordi La Gamba scrive articoli per le squadre locali, il cui livello era al di sotto di quello dilettantistico proprio perché il calcio era poco diffuso. Nel gennaio 1983 raggiunge inaspettatamente il picco della sua carriera giornalistica con un’intervista esclusiva all’arbitro Luigi Agnolin. Fu un vero scoop perché La Gamba, con spirito pionieristico, riuscì a ribaltare quel sistema di comunicazione arbitrale che impedisce ai direttori di gara di rilasciare dichiarazioni ai giornali senza il permesso del Presidente dell'AIA. Inoltre, quello che sembrava essere un articolo destinato a restare in America fu pubblicato sulla Gazzetta dello Sport attraverso una corrispondenza da New York, creando un vero e proprio caso mediatico in Italia.
Alla fine del 1982, Agnolin si trovava in vacanza a New York e lì prese parte ad una cena organizzata da alcuni arbitri locali. Antonio Cirino, che curava l’edizione sportiva del quotidiano, affidò proprio a La Gamba il compito di intervistarlo con la raccomandazione di coprire gli eventi susseguiti alla partita tra Torino e Juventus del 1980. Si trattò di un derby molto acceso e le polemiche derivate dall’azione che portò il Torino al goal vittoria causarono la squalifica di ben quattro giocatori bianconeri. L’arbitro di Bassano del Grappa fu sospeso per quattro mesi, reo di aver usato termini offensivi in uno scontro verbale con il centravanti Bettega, e gli fu impedito di arbitrare la Juventus per tre anni: “Non avrei mai pensato che quell’intervista sarebbe stata al centro di molte polemiche in Italia e che se ne sarebbe parlato in tutti i giornali e nelle trasmissioni televisive. Il giorno dopo chiamai Agnolin e lui che è sempre stato un’eccezione alla regola, ha continuato a sostenere la sua causa. Alla fine il cerchio si chiuse perché quell’intervista aprì le porte alla riappacificazione tra la Juventus e Agnolin che, dopo tre anni di veto, tornò ad arbitrare i bianconeri contro il Bari”.
Nel corso degli anni La Gamba ha ricevuto molti riconoscimenti con merito alla sua attività giornalistica sportiva in America. Nell’agosto del 1982 si giocò a New York una partita di beneficenza a favore dell’Unicef tra una selezione dei migliori giocatori europei e quelli internazionali che rappresentavano il “Resto del Mondo”. In quell’occasione, in un ristorante newyorkese e insieme ad alcuni esponenti della Nazionale Italiana, La Gamba partecipò ai festeggiamenti per la vittoria del Mondiale. Quella stessa sera, il neo campione del mondo Dino Zoff gli consegnò una targa da parte della FIGC Italiana. Un vero privilegio e motivo di orgoglio per un uomo di origini polistenesi che con le sue sole forze ha saputo dosare originalità, brillantezza e determinazione alla sua passione per il calcio e alla scrittura. Inoltre, ebbe anche modo di intervistare Artemio Franchi, storico dirigente e presidente federale, ma anche presidente UEFA e vicepresidente FIFA.
Nel 1996 la squadra S. Francesco di Paola-Amantea, in segno di riconoscimento per la sua attività giornalistica locale, gli dedicò un Torneo di Calcio svoltosi a Brooklyn con la consegna finale della “Coppa La Gamba”.
La Gamba si è distinto anche per la sua vicinanza alla comunità italo-americana e alle persone diversamente abili. Il suo impegno nel portare avanti il movimento “Nuova Identità Italo-Americana”, che chiedeva una maggiore qualità nella trasmissione dei canali italiani all’estero, fu accolto positivamente dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Nel 1985 nacque il Ponte Italia-USA, un programma di scambio e studio tra ragazzi italiani e americani portatori di handicap. Dal 1999 si è ritirato dagli impegni pubblici per intraprendere la strada del Diaconato che lo ha portato ad essere incardinato come Diacono permanente nella Diocesi di Brooklyn e Queens.
Poche righe non bastano a racchiudere i traguardi e i riconoscimenti che Vincenzo La Gamba ha raggiunto negli anni grazie al suo impegno nell’attività giornalistica e in quella di volontariato. Si tratta della storia di un uomo che partendo dalla sua piccola Polistena ha pian piano edificato, mattone dopo mattone, quel palazzo fatto di ricordi e memorie che nessuno potrà cancellare.